Plusvalenze? Tutti colpevoli ma, in Italia, nessuno colpevole

29.11.2021 21:20 di  Massimo Finizio   vedi letture
Plusvalenze? Tutti colpevoli ma, in Italia, nessuno colpevole
TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Siamo nel 1997. Telecom Italia compra il 30% della Telecom Serbia per circa 900 miliardi di allora, e pochi anni dopo, nel dicembre 2002, rivende la stessa quota incassando solo 377 miliardi di Lire.

Il governo cade, ma a noi non interessa poco: dal punto di vista sportivo è uno degli esempi chiari di come sia possibile fare plusvalenze o, in questo caso, minusvalenze “governative”.

Tutti colpevoli, nessuno colpevole: in quel caso la plus/minus valenza aiutò una nazione a riarmarsi e a continuare una guerra (domandare a Kosovari, Macedoni e Bosniaci).

Salto rapido in avanti. È il 2017 ed il Milan viene venduto ai cinesi: nessuno sa chi siano questi cinesi e da alcune inchieste giornalistiche pare pure che non siano rintracciabili. Fatto sta che il Milan prima passa di mano, poi al fondo Elliot. Repubblica del 13.04.2017 parla di una "valutazione fuori mercato", definizione che al giorno d'oggi suona molto simile a “plusvalenza”. Ottima plusvalenza, oltretutto.

Tutti colpevoli, nessuno colpevole: in questo caso i mass media parlano di grande vittoria per lo sport italiano, per l'ingresso degli americani e dei loro capitali!

Nel 2013 tutti ricorderanno l'addio di Moratti all'Inter, con Tohir che rileva circa il 70% della squadra nerazzurra. Diventa Presidente per poi lasciare rapidamente a Suning: adesso la storia sembra ripetersi, anche se tra vari tira e molla ed in modo più complicato. Insomma un'altra compravendita bella e buona, che probabilmente porterà plusvalenze all'attuale proprietà, lasciando i tifosi relegati al solito ruolo di clienti, con biglietti sempre più cari.

Tutti colpevoli, nessuno colpevole: qui forse l'unico vincente è Carlo Cottarelli, che in questo biennio pandemico si è fatto avanti - e sempre più insistente - con il suo progetto di “partecipazione capitalistico-popolare”. Un controsenso sotto gli occhi di tutti, ma in bocca al lupo e palla al centro!

Il Bari. Altra squadra storica, per tanti anni in serie A e vincitrice di una coppa europea, “auto-fallita” nel 2014, rifondata e fallita di nuovo nel gennaio 2019; rifondata ancora una volta.
Qui sono tutti colpevoli, ma nessuno, come al solito, è colpevole. La plusvalenza stavolta la fa il nuovo proprietario, con i tifosi che continuano a pagare.

La Fiorentina passa nel giugno del 2001 dal Signor Cecchi Gori, alla famiglia Della Valle. Vero che il primo era fallito, vero anche che la famiglia Della Valle acquisisce la proprietà della gloriosa Viola a “parametro zero”. 

Stessa cosa succede al Parma (dichiarato fallito tra l'altro con 1.400 compravendite di giocatori e plus/minus valenze di cui solo in un anno per oltre 195 Milioni di euro) e al Napoli, e a tante altre squadre italiane. 

Un caso più unico che raro nel panorama sportivo mondiale, dove il fallimento non è mai visto come una vergogna, disfatta o sanzione, ma è anzi un incentivo per perseverare in maniera diabolica.

Le plusvalenze nello sport esistono, soprattutto in Italia, dove le istituzioni controllano poco e male e troppo spesso chiudono gli occhi. Ma il problema principale del sistema sportivo italiano, specialmente per quanto riguarda il panorama calcistico, è che le società si configurino come vere e proprie Società per Azioni, stravolgendone gli equilibri e mettendo al centro della contesa non tanto lo sport in sé, ma i bilanci.

In Germania, dove i club sono “associazioni sportive”, si pratica sport e si vive per lo sport e la competizione, e la componente “sociale” resta sempre in primo piano.

In Italia la preoccupazione principale resta sempre l'aspetto economico, avere un bilancio vincente ed è ovvio che le plusvalenze facciano parte del gioco: il palmares è ormai un fattore quasi secondario. I tifosi, dal canto loro, esigono una squadra vincente, pagano, pagano e pagano ad occhi chiusi!

Ecco spiegato come mai esistano tante SpA ed imprese italiane, che vorrebbero definirsi club calcistici, che hanno fior di manager, ma pochissimi direttori sportivi. Alla fine falliscono tutte inesorabilmente: ben 156, tra serie A, B e C, i club saltati negli ultimi anni in Italia. Inutile adesso puntare il dito su un club piuttosto che un altro: siamo tutti colpevoli, ma purtroppo, come sempre, nessuno è colpevole.

Il modello Sankt Pauli (o tedesco) resta anche sotto questo aspetto il modello sportivo per eccellenza, con utili reinvestiti nei settori giovanili. Qui sì, ci diciamo colpevoli e testardi nel volerlo sempre sottolineare e ricordare.