Riforma dello sport - intervista alla senatrice Valeria Fedeli (PD)

24.12.2020 12:30 di  Flavio Villani   vedi letture
sen. Valeria Fedeli
sen. Valeria Fedeli
© foto di miur.gov.it

Un Disegno di Legge di riforma dello sport è in discussione in sede parlamentare.

Abbiamo intervistato la senatrice Valeria Fedeli per capire quali siano i progetti della politica sullo sport italiano.

Valeria Fedeli ha svolto incarichi di grande responsabilità nella CGIL, sia a livello nazionale che europeo, prima di essere eletta Senatrice del Partito Democratico nel 2013. Tra il 2016 e il 2018 è stata Ministra dall’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Alle elezioni del 2018 è stata confermata Senatrice del Partito Democratico e fa parte della Commissione Lavoro e, tra le altre, della Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza, nata su iniziativa della Senatrice a vita Liliana Segre. È inoltre capogruppo PD in Commissione di Vigilanza Rai.

La Costituzione riconosce il diritto al lavoro e, anche se in maniera indiretta, il diritto allo sport. Come mai il mondo dello sport è indietro rispetto al mondo del lavoro?

Il primo limite è che lo sport è sempre stato considerato non un lavoro. Invece, dal punto di vista di chi lo esercita, lo sport è un lavoro, che si può svolgere in maniera professionistica o no. Il secondo limite è storico: fare sport era quasi una selezione di classe, lo potevano fare solo le persone che erano nelle condizioni economiche per esercitarlo.

In Italia lo sport è il calcio maschile e negli ultimi anni abbiamo fatto una battaglia affinché anche il calcio femminile venisse considerato, pur nella sua diversità, pari a quello maschile.

In questo periodo, in sede parlamentare abbiamo lo schema di un Decreto Legislativo di riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici e di lavoro sportivo. Lo affrontiamo sia in Commissione Lavoro, dove sono io, sia in Commissione, non a caso, Istruzione e Cultura.

Questo Disegno di Legge contempla fondamentalmente tre aspetti. Il primo è il riconoscimento degli enti dilettantistici e del lavoro sportivo, in attuazione della Legge n. 86 dell’8 agosto 2019. Il secondo è la qualificazione dei professionisti che operano nel campo dello sport. Il terzo, che arriva dopo anni di battaglie, è il riconoscimento della parità di genere, principio che ha bisogno di ulteriori riforme negli statuti delle singole federazioni. Ad esempio, con il riconoscimento del diritto alla maternità si intende riorganizzare le attività sportive e gli ambienti di lavoro per la tutela della maternità.

Un punto a cui tengo molto è il riconoscimento della dignità del lavoro sportivo, soprattutto per chi si occupa di didattica. Lo sport entra a far parte della formazione complessiva.

Riconoscere il valore educativo dello sport è molto importante, ma lo sport è anche partecipazione. Le riporto dei dati forniti dal Comitato Olimpico tedesco e italiano. Nel 2017, i tesserati di associazioni sportive in Germania erano 27 milioni, in Italia 4 milioni e 700 mila. Per non parlare dell’Australia dove, sempre nel 2017, si contavano 13 milioni di tesserati su 25 milioni di abitanti. Rispetto a questi due Paesi in Italia ci troviamo molto indietro. Come può intervenire la politica per ribaltare questa situazione?

Il Decreto Legislativo può aiutare, grazie al riconoscimento delle associazioni dilettantistiche e del lavoro sportivo. Dopodiché andrebbe fatto di più, bisognerebbe fare una campagna di sostegno e promozione con gli strumenti di comunicazione pubblici, come la RAI.

Il Sankt Pauli può essere preso come modello sia per l’educazione sociale, sia per la partecipazione. La caratteristica fondamentale di tutte le associazioni tedesche, di cui il Sankt Pauli è secondo noi la più rappresentativa, è che al centro c’è la persona, non il profitto. Nelle società sportive italiane è l’esatto opposto.

Anche in Italia ci sono da tantissimi anni associazioni sportive come il Sankt Pauli. La UISP [Unione Italiana Sport per Tutti, ndr] promuove l’associazionismo e il valore dello sport.

Oltre alla UISP ci sono ad esempio il CSI (Centro Sportivo Italiano) e la AICS (Associazione Italiana Cultura e Sport). Il problema però è che tra gli anni Sessanta e Settanta una serie di interventi normativi ha portato alla professionalizzazione delle società sportive e di fatto ha legato le mani alla UISP, al CSI e alla AICS, che oggi fanno troppo poco.

Un semplice confronto del numero di tesserati italiani, tedeschi e australiani, per non andare a guardare il numero di medaglie olimpiche vinte, ci dice che il quadro normativo è insufficiente.

La UISP e le altre fanno quello che possono. Quello che manca è il sostegno pubblico alla loro attività. Che debbano fare di più sono d’accordo, ma per come li conosco io lavorano molto in termini popolari, solo che si scontrano con i giganti organizzati del professionismo.

Per questo motivo bisogna guardare al modello tedesco, per affiancare alle grandi potenze sportive l’associazionismo.

Le facciamo un esempio: qualche giorno fa ha segnato il suo primo goal in Bundesliga Youssoufa Moukoko, giovanissimo attaccante camerunense del Borussia Dortmund – sedici anni compiuti da pochi giorni. Ha cominciato la sua avventura in Europa in un centro accoglienza a Lampedusa. Se in Sicilia ci fosse stata un’associazione come il Sankt Pauli, quel bambino sarebbe diventato un campione del Siracusa, del Catania o del Palermo e invece è andato in Germania e prima di trasferirsi al Borussia Dortmund ha giocato nelle giovanili del Sankt Pauli. Come lui, tanti ragazzi dall’Africa o dall’Asia giocano come professionisti non solo nel calcio, ma anche nel basket, nel volley o nella pallamano e sono integrati.

In Germania le associazioni sportive tedesche investono una parte dei profitti nelle attività di base. Questo investimento non è un drenaggio di risorse a danno della competitività del settore professionistico, ma contribuisce a creare quei bacini da cui poi vengono i campioni.

Sono d’accordo. Un punto politico, che ritengo molto importante, è che le grandi società sportive dovrebbero investire per sostenere l’affiancamento di queste realtà sociali.

Ci lavoriamo.

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Cogliamo l'occasione dell'intervista per augurare alla senatrice Fedeli e alle nostre lettrici e ai nostri lettori un sano e santo Natale!