Kein Mensch ist illegal – Nessuna persona è illegale

Kein Mensch ist illegal: il motto che vive sui muri e nel cuore di Sankt Pauli
Desideriamo offrire con il nostro report odierno un contributo storico e politico su uno dei maggiori simboli del quartiere di Sankt Pauli: **kein mensch ist illegal** – «nessuna persona è illegale», adottato anche dall’omonima associazione sportiva. Potrebbe sembrare un motto recente, collegato soprattutto ai movimenti degli ultimi anni, ma la sua radice è profonda.
In realtà queste parole risalgono a più di duemila anni fa: nella tradizione cristiana sono pronunciate da Gesù e celebrano l’uguaglianza e l’unità tra i popoli. Temi che, guarda caso, restano centrali nei problemi del nostro tempo. L’idea di unità nella differenza – la capacità di convivere nelle diversità – diventerà anche il motto dell’Europa: In varietate concordia, agli inizi degli anni 2000.
Nello stesso periodo, nell’aprile del 2000, il motto viene adottato ufficialmente dal Sudafrica; lo faranno poi anche l’Indonesia e perfino gli Stati Uniti, che tuttavia, a differenza di quanto proclamano, faticano a metterlo in pratica. Molti lo rivendicano, pochi lo applicano davvero: purtroppo lo stesso vale per molti Stati membri europei e, in certi casi, anche per noi italiani.
Vale la pena ricordare che la prima vera bandiera europea non era blu con stelle gialle, ma bianca con stelle nere: un chiaro messaggio antirazzista, in cui il bianco dovrebbe abbracciare il nero. Un messaggio rimasto troppo spesso inascoltato.
Il celebre murales nel porto di Sankt Pauli nasce nel 1988, all’indomani delle grandi manifestazioni che si conclusero nel 1987 con un accordo tra il sindaco Klaus von Dohnanyi (SPD) e gli occupanti. Il compromesso sancì la fine delle ostilità, la rimozione delle barricate e una limitazione nell’esposizione di striscioni politici. Da allora iniziò una delle pratiche più belle del quartiere: dipingere sui muri date, motti e nomi di organizzazioni, trasformando Sankt Pauli in un enorme murales a cielo aperto.
Proprio nel 1988 venne dipinta la scritta **kein mensch ist illegal**. L’ispirazione è attribuita a Elie Wiesel, premio Nobel per la Pace (1986), che usò lo slogan No Human Being Is Illegal nella sua campagna a sostegno del popolo salvadoregno durante la guerra civile (ricordiamo l’assassinio dell’arcivescovo Óscar Romero il 24 marzo 1980, legato al Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale).
Negli anni ’80 il porto di Sankt Pauli era uno dei più grandi centri alternativi al mondo: vi transitavano e si incontravano movimenti internazionali eterogenei. I legami con l’Italia e il Sud Europa erano forti già dagli anni ’70: molti attivisti partirono per la Palestina, seguiti da baschi e irlandesi, mentre i tedeschi li portavano nella DDR. La maggior parte dei giovani portava giacche di pelle, capelli lunghi e kefiah palestinese. Numerosi murales sostenevano il popolo palestinese, senza dimenticare la memoria dell’Olocausto e le responsabilità tedesche e italiane.
L’FC St. Pauli, figlio politico di quella storia sociale, fece proprio il motto: oggi lo si trova anche in un murales interno allo stadio. Lo slogan è stato adottato da molte realtà – dalla città di Brema ad Amnesty International, dalla rete No Border a diversi partiti e sindacati come la IG Metall.
Ci sono critiche: alcuni giudicano utopica la visione di un “volersi bene” collettivo. In Italia, troppo spesso, prevale l’ostilità sul dialogo. Eppure anche Adamo ed Eva litigavano, e già gli antichi ricordavano che errare humanum est.
Una parte della tifoseria del St. Pauli ha amicizie in tutto il mondo. Anche noi, Brigate Garibaldi, coltiviamo legami – forse più gesuitici o socialisti (o comunisti?) – ma i nostri amici sono quanti sono antifascisti e antirazzisti. Tra questi, un rapporto speciale lega la nostra tifoseria all’ala internazionalista dell’Hapoel, un’associazione sportiva che unisce persone di origini diverse – ebrei, arabi, nordafricani – come fratelli. È un lavoro difficile, ma chi lavora per integrazione e partecipazione non dev’essere lasciato solo.
Non abbiamo dimenticato i fratelli scozzesi e irlandesi nei momenti difficili; forse in questo siamo un po’ cristiani, pronti a tendere l’altra guancia. Nessuno, comunque, ha abbandonato i compagni baschi o catalani: allora come oggi stiamo al loro fianco.
Non vogliamo essere né Gesù né Gandhi; il Dalai Lama è il benvenuto, ma da oltre duemila anni stiamo dalla parte dei popoli che chiedono aiuto.
Dal 2012 circa nello stadio non si vedono più bandiere nazionali: il popolo di St. Pauli non desidera identificarsi con alcuno Stato. Sempre In varietate concordia, perché **kein mensch ist illegal**: non in Sudan, non in Palestina, non in Israele, non in Afghanistan o in Iraq, non in Sudafrica, Cina o Tibet, non in Russia o Armenia, non negli USA né in Europa. I problemi sono da risolvere dove nascono, non a Sankt Pauli.
Pax vobis + Salam + Shalom + Frieden + Peace
Forza sempre St. Pauli, hasta la victoria siempre!
Kein Mensch ist illegal: das Motto, das an den Wänden und im Herzen von St. Pauli lebt
Wir möchten mit unserem heutigen Bericht einen historischen und politischen Beitrag zu einem der wichtigsten Symbole des Stadtteils St. Pauli leisten: **kein mensch ist illegal** – „kein Mensch ist illegal“, das auch vom gleichnamigen Sportverein übernommen wurde. Es mag wie ein modernes Motto wirken, das vor allem die Jüngeren mit den Bewegungen der letzten Jahre verbinden.
In Wahrheit reichen diese Worte über 2000 Jahre zurück: In der christlichen Tradition werden sie mit Jesus verbunden und feiern Gleichheit und Einheit der Völker – Themen, die bis heute aktuell sind. Einheit in der Vielfalt wurde später zum Motto Europas: In varietate concordia, zu Beginn der 2000er Jahre.
Noch im April desselben Jahres übernahm Südafrika dieses Motto offiziell; ebenso taten es Indonesien und sogar die USA – die es jedoch, im Widerspruch zu ihren Worten, kaum umsetzen. Viele beanspruchen es, nur wenige leben es. Besonders europäische Mitgliedsstaaten – und in manchem Fall auch wir Italiener – missachten den europäischen Leitspruch allzu oft.
Es sei daran erinnert, dass die erste echte europäische Flagge nicht blau mit gelben Sternen war, sondern weiß mit schwarzen Sternen: eine klare antirassistische Botschaft, die besagt, dass das Weiße das Schwarze umarmen sollte. Eine Botschaft, die viele europäische Staaten ignoriert haben.
Das berühmte Wandbild am Hafen von St. Pauli entstand 1988 nach den großen Protesten, die 1987 mit einer Einigung zwischen Bürgermeister Klaus von Dohnanyi (SPD) und den Besetzern endeten. Der Kompromiss beendete die Feindseligkeiten, entfernte die Barrikaden und führte zu einer Rückkehr zur Normalität – verbunden mit Einschränkungen politischer Banner. Ab diesem Zeitpunkt begann eine der schönsten Praktiken des Viertels: das Bemalen der Wände mit Daten, Parolen und Namen von Organisationen. St. Pauli wurde zu einem riesigen Freiluft-Mural.
Im Jahr 1988 entstand so die Aufschrift **kein mensch ist illegal**. Die Inspiration dazu lieferte Elie Wiesel, Friedensnobelpreisträger 1986, mit dem Motto „No Human Being Is Illegal“ in seiner Kampagne für die Bürgerrechte des salvadorianischen Volkes in dessen Bürgerkrieg (man erinnere sich an die Ermordung von Bischof Óscar Romero am 24. März 1980, verbunden mit der FMLN).
In den 1980er Jahren war der Hafen von St. Pauli eines der größten alternativen Zentren weltweit: hier trafen sich die unterschiedlichsten internationalen Bewegungen. Besonders die Beziehungen zu Südeuropa und Italien waren bereits seit den 1970ern eng. Viele Aktivisten reisten nach Palästina, gefolgt von Basken und Iren, während Deutsche sie in die damalige DDR brachten. Viele Jugendliche trugen schwarze Lederjacken, lange Haare und Kufiyas. Zahlreiche Wandbilder unterstützten das palästinensische Volk, ohne dabei das israelische Volk oder die deutsche und italienische Schuld am Holocaust zu vergessen.
Der FC St. Pauli – ein politisches Kind dieser sozialen Geschichte – übernahm das Motto, das heute auch in einem Mural im Stadion zu sehen ist. Viele andere haben es ebenfalls aufgegriffen: die Stadt Bremen, Amnesty International, das No-Border-Netzwerk, verschiedene Parteien und sogar die IG Metall.
Natürlich gibt es auch Kritik: Manche halten diese soziale, politische und vielleicht auch religiöse Idee des „Sich-Liebens“ für naiv. Besonders in Italien überwiegt oft der Hass gegenüber dem Dialog. Doch Adam und Eva stritten auch, und schon die Römer sagten: Errare humanum est.
Ein Teil der St.-Pauli-Fans pflegt Freundschaften auf der ganzen Welt. Auch wir, die Brigate Garibaldi, haben viele – vielleicht eher jesuitisch oder sozialistisch (oder kommunistisch?) – aber unsere Freunde sind all jene, die antifaschistisch und antirassistisch sind. Unsere Gefährten pflegen eine besondere Verbindung zum internationalistischen Verein Hapoel, einem Sportverein wie St. Pauli, der versucht, Menschen unterschiedlicher Herkunft – Juden, Araber, Nordafrikaner – als Brüder zu vereinen. Eine schwierige Aufgabe in unserer Zeit, doch wer sich für Integration und Teilhabe einsetzt, darf nicht allein gelassen werden.
Auch unsere schottischen und irischen Brüder haben wir in schwierigen Zeiten nicht vergessen – vielleicht sind wir darin ein wenig christlich, bereit, die andere Wange hinzuhalten, auch wenn sie, noch christlicher als wir Hafenarbeiter und Nordpiraten, uns verlassen haben. Doch niemand von uns hat die baskischen oder katalanischen Gefährten im Stich gelassen: damals nicht und heute nicht. Wir stehen weiterhin an der Seite aller unterdrückten Völker.
Wir wollen weder Jesus noch Gandhi sein; auch der Dalai Lama ist willkommen – doch seit über 2000 Jahren stehen wir an der Seite der Völker, die Hilfe brauchen.
Im Stadion sind seit etwa 2012 keine Nationalflaggen mehr zu sehen. Das Volk von St. Pauli möchte sich mit keinem Staat identifizieren. Immer In varietate concordia, denn **kein mensch ist illegal**: nicht im Sudan, nicht in Palästina oder Israel, nicht in Afghanistan oder Irak, nicht in Südafrika, China oder Tibet, nicht in Russland oder Armenien, nicht in den USA oder in Europa. Die Probleme sind dort zu lösen – nicht in St. Pauli.
Pax vobis + Salam + Shalom + Frieden + Peace
St. Pauli – hasta la victoria siempre!