Non facciamo morire il Volley, poi teniamolo in vita con l'associazionismo

22.08.2021 12:30 di  Luca Bolli   vedi letture
La locandina della petizione
La locandina della petizione

Le fresche olimpiadi giapponesi hanno dato nuovo smalto ed entusiasmo al mondo sportivo italiano, ma dopo la sbornia di medaglie, arrivate in numero record e in discipline “insospettabili”, la realtà torna a chiedere conto di quanto fatto in passato. Come ben sappiamo ormai la prospettiva è convivere con l'emergenza Covid e dovremo fare i conti con essa non solo nella vita quotidiana, ma in tutti gli ambiti.

Nello sport si fa un gran parlare di green pass, capienze e rischi, ma in vista della ripartenza dei campionati la parola più in voga potrebbe essere “perdita”. Avevamo già scritto mesi fa dei passivi che hanno colpito il ricco mondo del calcio europeo; non se la passa meglio il volley, sport tra i più popolari, ma che non può competere con i numeri che circolano negli stadi.
Il grido d'allarme quindi era piuttosto inevitabile e a lanciarlo è stata proprio la Lega Pallavolo di Serie A, accompagnata a stretto giro di posta dalle squadre di Superlega, A2 e A3, insieme ad atleti, tecnici e collaboratori, che in questi giorni stanno supportando l'appello a firmare la petizione “Così il volley muore“.

La petizione è tuttora online - può essere firmata a questo link – è supportata da moltissime franchigie, tra le altre Modena Volley, Sir Perugia e Trentino Volley, e da personaggi di spicco come il Ct Mancini: in essa sostanzialmente si contesta la concessione di una capienza ridotta al 35% nei palazzetti, nonostante mascherina e greenpass, che metterebbe a repentaglio non soltanto la stagione, ma la sopravvivenza stessa di molte società, anche gloriose, del panorama pallavolistico italiano.

Questo il passaggio cardine:

“È bene si sappia che un taglio degli incassi (tra biglietteria ed abbonamenti) pari al 65% implica, di fatto, la fine della pallavolo in Italia, così come l’abbiamo conosciuta.
Le ricadute, economiche e sociali, di un simile epilogo non possono sfuggire a chi ha l’onore e l’onere di governare la cosa pubblica. I club di Serie A non hanno scopo di lucro, ci consideriamo da sempre al servizio della passione dei nostri tifosi, della gente.
Chiediamo solo ci sia consentito di tornare a farlo.
Chiediamo solo che non si perdano migliaia di posti di lavoro nello sport.
Chiediamo solo che non si depauperi l’enorme ricchezza umana e sociale dello sport di base.
Chiediamo solo che, mentre le Olimpiadi ci hanno offerto continuamente testimonianze dell’immenso valore dello sport, di tutti gli sport, si diano segnali incontrovertibili di pari dignità.

Il calcio muove il PIL, il volley e gli altri sport forse no, ma siamo certi che desertificare queste discipline sia la strada giusta per l’agognata ripartenza?

COSÌ IL VOLLEY MUORE”
 

Come ripetiamo da tempo lo sport è partecipazione, integrazione e opportunità per tutti: lasciare a se stessa una disciplina è quanto di più lontano possa esserci dai principi dell'associazionismo. È l'eterna lotta tra individualismo e associazionismo, dove quest'ultimo potrebbe essere l'unica via percorribile, quella che permetterebbe alle varie sezioni sportive di essere coperte e tutelate quanto e come il calcio e non viste come figlie di un dio minore. Il fallimento del volley vorrebbe dire far saltare un intero settore sportivo che ha regalato all'Italia successi e sfide storiche, mandare a rotoli un intero comparto e in fumo posti di lavoro e sogni e passioni di migliaia di giovani.

Per adesso, in Italia, l'unico dio che riusciamo a intravedere è il dio denaro del football, ma pur riuscendo a camuffare bene – non benissimo – i propri malanni, anche il calcio comincia a pagare il conto per gli errori del passato.