Date spazio all'associazionismo: è la società civile che ve lo chiede!

Può il capitale lasciare spazio alle persone, così che la gente comune possa avere diritto di parola e non soltanto il ruolo di mero cliente?
05.10.2020 18:40 di  Luca Bolli   vedi letture
Lo Statuto del Sankt Pauli
Lo Statuto del Sankt Pauli

Abbiamo parlato innumerevoli volte di associazionismo sportivo. Usando questa definizione facevamo quasi sempre riferimento alle associazioni tedesche ed europee, magari riportando alcuni esempi lampanti come quelli del Sankt Pauli, del Kaiserslautern, del Magonza o del Colonia.
Parliamo di realtà associative affermate non solo a livello nazionale, bensì prese a modello anche a livello internazionale: associazioni dove tutti, dai giocatori, alla dirigenza, fino ai soci/tifosi sono tenuti a conoscere e rispettare lo statuto deliberato dall'Assemblea.

Associazionismo, però, significa anche un diverso e più saldo rapporto con il territorio e sarebbe fin troppo semplice riportare l'esempio del Sankt Pauli e del Millerntor Stadion, dove possiamo trovare sale concerti e sale riunioni, un asilo nido da 150 posti e una vineria a disposizione della tifoseria prima, durante e dopo la partita. Ma il legame tra città e associazione si fonda anche su questioni più semplici e “banali”, come quando una maglia diventa simbolo di appartenenza e integrazione: accade a Colonia dove cattedrale, stadio e moschea “svettano” insieme nello skyline stampato sulla divisa e chi non si riconosce in determinati valori viene gentilmente allontanato dall'associazione. Appartenenza, inclusione, integrazione e lotta ad ogni forma di discriminazione sono il fondamento ed il fine più alto dell'associazionismo sportivo, per ogni disciplina che lo sport può proporre.

L'obiettivo deve essere quello di incentivare questo modo di pensare e di agire anche in Italia, dove sono numerose le associazioni sportive, ma troppo spesso hanno carattere più o meno locale, poco peso “politico” e ancor meno seguito a livello mediatico.
Conoscere e far conoscere questo tipo di modelli è uno delle strade da intraprendere per rendersi conto che un altro sport è possibile, ma perché possa imporsi e crescere serve un terreno fertile e qualche aiuto.

Viviamo oggi nella paradossale situazione nella quale esistono numerose associazioni sportive, ma non una degna legislazione che possa dar loro risonanza, peso e giusta collocazione. Continuiamo a guardare alle SpA o alle Srl senza che il dubbio ci sfiori: il futuro dello sport italiano deve essere nell'associazionismo, visti i continui insuccessi del modello basato esclusivamente sul capitale? Può questo sistema, dove troppo spesso strane figure arrivano per loschi affari, lasciare poco a poco spazio ad un sistema dove anche il “popolo”, la gente comune, possa avere parola e non soltanto il ruolo di mero cliente?

Sarebbe ora (e il caso) di dare maggior voce e spazio a realtà come La resistente, lo Skalea, il Liberi Rari Nantes, il Brutium, l'Atletico San Lorenzo, il RFC Lions Ska e l'Hic Sunt Leones. E ancora il Rugby all star, il San precario, il Quadrato meticcio, la Lokomotiv flegrea, l'Afro United, il Leboski, l'Unione Sportiva Stella Rossa, l'Aurora Fasano, la Sambenedettese, il Sant'Ambroeus...
Forze, responsabilità e abilità che hanno magnifiche potenzialità e progetti ancor più affascinanti, ma che rischiano di restare relativamente latenti, se non a livello locale, quando potrebbero dare un grande apporto non solo al mondo sportivo, ma persino a quello culturale e sociale.

Serve cambiare paradigma proprio nel mondo sportivo e, più in generale, in quello sociale e per farlo dobbiamo imparare a valorizzare la base associativa che abbiamo a disposizione: promuovere, diffondere e proiettare in avanti i buoni esempi che conosciamo sia a livello locale che a livello internazionale è il primo passo di questo percorso.

Dobbiamo cominciare a parlare la lingua dell'associazionismo, che mette al centro le persone e non il capitale.