In ricordo di Federico Aldrovandi

25.09.2023 12:49 di  Roberto Consiglio   vedi letture
In ricordo di Federico Aldrovandi

Non mi uccise la morte ma due guardie bigotte, mi cercarono l'anima a forza di botte”: è questa la frase di una delle più belel canzoni di Fabrizio De Andrè, intitolata “Un Blasfemo”, che meglio descrive ciò che accadde il 25 settembre 2005. Quel giorno, nei pressi di viale Ippodromo a Ferrara, moriva un ragazzo di soli 18 anni di nome Federico Aldrovandi.

Aldro, così era soprannominato dagli amici e così sarà conosciuto dal resto d'Italia dopo questa sua assurda morte, era un semplice ragazzo di appena 18 anni. Quella mattina stava tornando da una serata con amici presso un locale di Bologna come un giovane qualsiasi. 

Il fatto grave, e che venne fuori non immediatamente, è che Aldro era morto dopo essere stato fermato per un controllo di polizia. Questo avvenne dopo che alcuni abitanti della zona avevano denunciato alcuni schiamazzi violenti che avevano fatto intervenire alcune pattuglie del 113. 

I poliziotti intervennero in maniera molto dura nei confronti del giovane, bloccandolo a terra con il torace schiacciato sull'asfalto. Verso le 6 di mattina arrivò un'autoambulanza sul luogo che, però, non potè far altro che constatare il decesso del diciottenne per “arresto cardio-respiratorio e trauma cranico-facciale”.

Il 10 gennaio 2007 partì il processo nei confronti dei quattro poliziotti presenti in quelle ore a via Ippodromo. La sentenza della Cassazione arrivò il 21 giugno 2012 e condannava  i quattro appartenenti alle forze dell'ordine a 3 anni e 6 mesi di reclusione per omicidio colposo con “eccesso colposo nell'uso legittimo delle armi”.

Il caso di Aldro, purtroppo, è uno dei troppi eventi che negli ultimi anni in Italia hanno visto molti appartenenti alle forze dell'ordine ricoprire il ruolo di carnefici. Tutto questo nonostante, soprattutto dalla forza politiche che compongono l'attuale maggioranza parlamentare, si descriva questa individui solamente come “bravi ragazzi al servizio della nazione e della sicurezza dei cittadini”.

Dopo Aldro avvennero un'altra serie di morti, da quella di Stefano Cucchi fino al caso di Giuseppe Uva, in cui il ruolo delle forze dell'ordine veniva macchiato da più di qualche ombra. Molte volte si ha avuto come l'impressione che questi personaggi abbiano usato il potere loro concesso più per aggredire e far male a persone che, in teoria, avevano solo bisogno di aiuto.

Aldro, oltre ad essere un semplice ragazzo con tutta la vita davanti, era anche un grande tifoso, per non dire un ultrà, della squadra di calcio della sua città: la Spal di Ferrara. In questi 18 anni la curva Ovest dello stadio Paolo Mazza dell'ex città estense, il luogo più caldo dei tifosi biancoazzurri, ha più volte dedicato vere e proprie coreografie ad Aldro nonché una vera e propria bandiera che, appena possibile, sventola ogni domenica nelle prime file della curva Ovest ma anche in numerosi settori ospiti d'Italia in cui va a giocare la Spal in trasferta.

Ho scritto “appena possibile” perchè, in più di una occasione, è stata impedito a questa bandiera di entrare nei settori. Chissà, probabilmente a qualcuno nei piani alti di coloro che gestiscono la sicurezza degli impianti sportivi del Belpaese, avrà dato fastidio vedere quella faccia di un giovane la cui vita è stata spezzata senza un vero e proprio perchè.

Anche da altri gruppi di squadre italiane è arrivato un forte sostegno alla storia di Aldro. I Fedayn della Curva Sud della Roma hanno fatto creato una vera e propria pezza che raffigurava la faccia di Aldro. Questa pezza era sempre presente sul mitico muretto del settore più cado dell'Olimpico ad ogni partita giocata vicino al 25 settembre.

Al contempo era presente anche ogni volta che il gruppo ultras del quartiere Quadraro di Roma si recava in trasferta a Ferrara per sostenere i colori giallorossi contro la squadra della Spal.