Kein Mensch ist illegal – Nessun uomo è illegale

Kein Mensch ist illegal – Nessun uomo è illegale
Kein Mensch ist illegal – Nessun uomo è illegale. Con il nostro report odierno vogliamo offrire un contributo storico e politico su uno dei maggiori simboli del quartiere di Sankt Pauli, adottato anche dall’omonima associazione sportiva.
Potrebbe sembrare un motto recente, che molti collegano ai movimenti degli ultimi anni. In realtà queste parole richiamano concetti antichi di uguaglianza e unità tra i popoli—temi che restano al centro delle sfide del nostro tempo. L’idea di “unità nella diversità” diventerà anche il motto dell’Unione Europea agli inizi degli anni 2000 (In varietate concordia).
Nel corso degli anni lo slogan è stato fatto proprio da istituzioni e movimenti in diversi Paesi. In molti lo rivendicano, ma troppo spesso resta lettera morta: accade anche in Europa, dove gli Stati membri—compresa l’Italia—non sempre sono coerenti con i principi dichiarati.
Vale la pena ricordare che, ben prima dell’attuale bandiera blu con le stelle gialle, in Europa circolarono proposte di bandiere “alternative” con forte messaggio antirazzista: un invito simbolico ad abbracciare la diversità, spesso ignorato nella pratica politica.
Il famoso murale al porto di Sankt Pauli compare nel 1988, all’indomani delle grandi mobilitazioni concluse nel 1987 con l’accordo tra il sindaco Klaus von Dohnanyi (SPD) e gli occupanti: tregua, rimozione delle barricate, ritorno alla normalità e limitazione degli striscioni politici. Da lì nasce una delle pratiche più belle del quartiere: scrivere su muri e facciate date, motti e sigle, trasformando Sankt Pauli in un murale a cielo aperto.
Proprio nel 1988 viene dipinta la scritta Kein Mensch ist illegal. L’ispirazione moderna è spesso ricondotta alla campagna “No Human Being Is Illegal”, resa internazionale anche dall’impegno di figure come Elie Wiesel negli anni Ottanta a sostegno dei diritti del popolo salvadoregno durante la guerra civile.
Negli anni ’80 il porto di Sankt Pauli è uno dei più grandi centri alternativi d’Europa: qui transitano, si incontrano e si organizzano movimenti internazionali. I legami con l’Italia e il Sud Europa sono fortissimi già dagli anni ’70. Molti giovani indossano giacche di pelle nera, portano i capelli lunghi e la kefiah palestinese. I murales raccontano solidarietà con popoli diversi e la memoria delle responsabilità storiche europee.
Il St. Pauli, figlio politico di quella storia sociale, fa proprio il motto che oggi campeggia anche in uno dei murales interni allo stadio. Lo condividono nel tempo Brema, Amnesty International, la rete No Border, vari partiti e il sindacato IG Metall.
Non mancano le critiche: c’è chi considera questa visione sociale e politica troppo utopica. In Italia spesso prevale il conflitto sul dialogo. Eppure gli errori sono parte del cammino collettivo: errare humanum est.
Una parte della tifoseria del St. Pauli ha amicizie sparse nel mondo. Anche noi, Brigate Garibaldi, ne abbiamo molte: i nostri amici sono tutti coloro che sono antifascisti e antirazzisti. Esiste un legame particolare con l’ala internazionalista dell’Hapoel, associazione sportiva che, come il St. Pauli, unisce persone di origini diverse—ebrei, arabi, nordafricani—nello stesso progetto. È un lavoro difficile, ma chi si impegna per integrazione e partecipazione non deve essere lasciato solo.
Non abbiamo dimenticato i fratelli scozzesi e irlandesi nei momenti difficili, e non abbiamo mai abbandonato i compagni baschi o catalani: eravamo e siamo tuttora al loro fianco, come al fianco di tutti i popoli oppressi.
Allo stadio da anni (circa dal 2012) non si vedono più bandiere nazionali: il popolo del St. Pauli non vuole identificarsi con nessuna nazione o governo. Sempre In varietate concordia, perché nessun essere umano è illegale: non in Sudan, Palestina, Israele, Afghanistan, Iraq, Sudafrica, Cina, Tibet, Russia, Armenia, Stati Uniti o Europa. I problemi sono lì da risolvere, non a Sankt Pauli.
Forza sempre Sankt Pauli, hasta la victoria siempre!
Kein Mensch ist illegal – Kein Mensch ist illegal
Kein Mensch ist illegal – Nessun uomo è illegale. Mit unserem heutigen Bericht möchten wir einen historischen und politischen Beitrag zu einem der wichtigsten Symbole des Stadtteils St. Pauli leisten, das auch vom gleichnamigen Sportverein übernommen wurde.
Viele halten das Motto für neu und verbinden es mit den Bewegungen der letzten Jahre. Tatsächlich knüpft es an alte Ideen von Gleichheit und Einheit der Völker an—Themen, die bis heute aktuell sind. Der Gedanke „Einheit in Vielfalt“ wurde zu Beginn der 2000er Jahre auch zum Leitspruch der Europäischen Union (In varietate concordia).
Im Laufe der Zeit wurde der Slogan in verschiedenen Ländern von Institutionen und Bewegungen aufgegriffen. Viele berufen sich darauf, aber allzu oft bleibt es bei Worten—auch in Europa, wo die Mitgliedstaaten, Italien eingeschlossen, nicht immer im Einklang mit den verkündeten Prinzipien handeln.
Lange vor der heutigen blauen Flagge mit gelben Sternen kursierten in Europa Entwürfe alternativer Flaggen mit klarer antirassistischer Botschaft: ein symbolischer Aufruf, Vielfalt zu umarmen—häufig unbeachtet in der praktischen Politik.
Das berühmte Wandbild im Hafen von St. Pauli entstand 1988, unmittelbar nach den großen Protesten, die 1987 mit einer Vereinbarung zwischen Bürgermeister Klaus von Dohnanyi (SPD) und den Besetzern endeten: Waffenstillstand, Abbau der Barrikaden, Rückkehr zur Normalität und Einschränkung politischer Banner. Daraus entwickelte sich eine der schönsten Praktiken des Viertels: Wände mit Daten, Parolen und Organisationsnamen zu bemalen—St. Pauli als Freiluft-Mural.
In eben diesem Jahr 1988 wurde die Aufschrift Kein Mensch ist illegal gemalt. Moderne Bezüge führen häufig zur Kampagne „No Human Being Is Illegal“, die in den 1980er Jahren—unter anderem durch das Engagement von Elie Wiesel—internationale Sichtbarkeit erhielt und die Bürgerrechte des salvadorianischen Volkes im Bürgerkrieg unterstützte.
In den 1980er Jahren war der Hafen von St. Pauli eines der größten alternativen Zentren Europas: internationale Bewegungen trafen sich hier, vernetzten sich und organisierten Aktionen. Die Verbindungen zu Südeuropa und Italien waren bereits seit den 1970er Jahren stark. Viele Jugendliche trugen schwarze Lederjacken, lange Haare und palästinensische Kufiyas. Murals drückten Solidarität mit verschiedenen Völkern aus und erinnerten an europäische historische Verantwortung.
Der FC St. Pauli—ein politisches Kind dieser sozialen Geschichte—übernahm das Motto, das heute auch in einem Stadion-Mural zu sehen ist. Später griffen es u. a. Bremen, Amnesty International, das No-Border-Netzwerk, verschiedene Parteien sowie die IG Metall auf.
Kritik gibt es ebenfalls: Manche halten diese gesellschaftliche und politische Vision für zu utopisch. In Italien dominiert nicht selten Konflikt statt Dialog. Doch Irrtümer gehören zum gemeinsamen Lernprozess: errare humanum est.
Ein Teil der St.-Pauli-Fans pflegt Freundschaften auf der ganzen Welt. Auch wir, die Brigate Garibaldi, haben viele davon: Unsere Freunde sind alle, die antifaschistisch und antirassistisch sind. Eine besondere Verbindung besteht zum internationalistischen Umfeld von Hapoel—einem Sportverein, der wie St. Pauli Menschen verschiedener Herkunft—Juden, Araber, Nordafrikaner—unter einem gemeinsamen Projekt vereint. Eine schwierige Aufgabe, doch wer sich für Integration und Teilhabe einsetzt, darf nicht allein gelassen werden.
Unsere Freundschaften mit schottischen und irischen Gefährt:innen haben schwierige Zeiten überdauert. Niemand von uns hat die baskischen oder katalanischen Weggefährt:innen allein gelassen: damals nicht und heute nicht. Wir stehen weiterhin an der Seite aller unterdrückten Völker.
Im Stadion sind seit Jahren (etwa seit 2012) keine Nationalflaggen mehr zu sehen: Die Community von St. Pauli will sich mit keiner Nation oder Regierung identifizieren. Stets In varietate concordia, denn kein Mensch ist illegal—nicht im Sudan, nicht in Palästina oder Israel, nicht in Afghanistan oder im Irak, nicht in Südafrika, China oder Tibet, nicht in Russland oder Armenien, nicht in den USA oder in Europa. Die Probleme sind dort zu lösen, nicht in St. Pauli.
Forza sempre Sankt Pauli, hasta la victoria siempre!